«Ho sposato l’Intelligenza Artificiale, oltre a mia moglie»
Andrea Mizzoni, DevOps manager in AEP, racconta la sua esperienza con l’AI e come può essere applicata alla bigliettazione elettronica
Aveva appena nove anni Andrea Mizzoni quando scrisse il suo primo semplice software. E lo fece, con l’MSX, per riordinare la rubrica familiare. Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata. Classe ‘82, originario di Frosinone, Andrea nel 2019 è stato assunto in AEP come DevOps manager. È arrivato a Firenze nel 2007 per poi scegliere Empoli come luogo in cui vivere con sua moglie Federica e i suoi due figli, Mattia e Dafne.
Quando ha capito che l’informatica sarebbe diventata il suo lavoro?
«Quando ho scelto di smettere di giocare a pallacanestro per dedicarmi esclusivamente a questo mondo. Giocavo nelle giovanili del Veroli. Ho pensato che con un lavoro di ingegno avrei potuto fare meglio di quanto facessi nello sport».
Quali studi ha fatto?
«Ho frequentato il liceo scientifico e poi, all’università, ho scelto ingegneria informatica a La Sapienza di Roma».
Per quale motivo?
«Mio padre era un programmatore e vendeva PC che assemblava in autonomia. Crescendo, ho iniziato a supportarlo in questa attività, così mi pagavo le vacanze. L’ho aiutato a realizzare alcuni programmi: un gestionale per la fatturazione delle spese di un cimitero, chiamato “Lux perpetua”, e un altro per le spese dell’acquedotto. A casa mia si mangiava pane e informatica, insomma. Durante gli anni universitari ho collaborato per alcuni mesi con il CNR con l’obiettivo di usare le reti neurali per rilevare attacchi informatici».
In cosa si è specializzato?
«In Intelligenza Artificiale. Durante la triennale leggevo spesso riviste che parlavano di microcontrollori Parallax, un’azienda fornitrice della NASA. Nel 2004 ho provato a realizzare un robot dotato di sensori infrarossi e “a battuta” per interpretare segnali utili a orientarsi nello spazio. Il robot veniva penalizzato se batteva contro gli ostacoli e premiato se utilizzava gli infrarossi per evitarli, usando un “algoritmo di apprendimento con ricompensa”. Questa esperienza mi aveva entusiasmato a tal punto che la portai come demo alla tesi di laurea triennale. Dopo scelsi di specializzarmi in Intelligenza Artificiale, all’epoca era un filone sperimentale, attivo da pochi anni».
Come ci si approcciava a inizio 2000 con l’AI?
«Sono stati anni acerbi di risultati. Mi piaceva la robotica, ma le performance non erano soddisfacenti. Mancava qualcosa: la potenza dei moderni data center, che rendono accessibili e processabili montagne di dati e Internet a banda larga per connettere assieme più device».
Prima di AEP, con quali aziende ha lavorato?
«Con Altitudo di Treviso, con cui ho vinto un premio grazie al progetto S@MP, creato da Microsoft. Nel tirocinio, ho sviluppato un software che agevolasse la certificazione ISO9001, tema molto caro alle aziende. Ho lavorato in LuisaViaRoma come DevOps manager e prima come consulente in Mps a Firenze, dove ho conosciuto mia moglie, anche lei ingegnere informatico, e non mi sono più allontanato dalla Toscana».
Quali pensa siano i punti di forza di Aep?
«È un’impresa pioniera nella realizzazione di sistemi “cashless” a bordo dei mezzi e soluzioni che includono tutte le tipologie oggi all’avanguardia (carte e biglietti contactless, biglietti con Qr code, biglietti dematerializzati su smartphone, sistemi “Card centric” e “Account based”). Come tale, ha avuto in passato e continua a lavorare sull’onda dell’innovazione. Questo mi affascina perché mi spinge ad andare oltre i limiti e ragionare su come dare il mio contributo per evolverla ulteriormente con il supporto dell’AI».
Come si sposa l’Intelligenza Artificiale con la bigliettazione elettronica?
«Bene! Partecipando a bandi di gara in tante nazioni del mondo riscontriamo spesso dei requisiti escludenti che l’AI potrebbe aiutarci a scoprire e superare».
Per esempio come?
«Anche solo risparmiandoci di leggere centinaia di pagine dei bandi di gara, suggerendoci in pochi istanti i punti di forza e debolezza di AEP per quel progetto. E ancora, nella fase di scrittura del software è bene appoggiarsi a strumenti di Intelligenza Artificiale gestiti aziendalmente. Evitando di usare quelli disponibili pubblicamente per non rischiare di compromettere dati sensibili o introdurre comportamenti inattesi».
Cosa avete in cantiere?
«In Aep puntiamo a formare personale interno “capace” di utilizzare e governare strumenti di AI in ogni ambito del proprio lavoro. Questo obiettivo passa dall’ideare e rendere disponibile un vademecum a tema AI che indichi chiaramente gli ambiti e le modalità ammissibili per l’uso dell’Intelligenza Artificiale, oltre ai principali errori da evitare. Questo non è l’unico progetto a cui stiamo pensando in questo ambito. Aep è un’azienda con una lunga storia alle proprie spalle nella bigliettazione elettronica. Questo implica una mole di documenti enorme, archiviata nei formati più disparati e accessibile solo se direttamente coinvolti nelle attività che li hanno prodotti. Mediante la Retrieval-Augmented Generation (RAG) potremmo allenare una AI general purpose (come ChatGPT oppure Claude) con il nostro prezioso archivio documentale, per poi poterla interrogare su qualunque argomento inerente il ticketing. Si tradurrebbe in ore risparmiate nell’annosa ricerca di documenti oppure, ancor meglio, per produrre nuovi contenuti sulla base delle informazioni presenti nei vari archivi di conoscenza (mail, pdf, presentazioni powerpoint e anche sistemi Line-of-Business aziendali)».
È ingegnere anche nel tempo libero?
«Oggi meno. Dal periodo pandemico ho ripreso a correre. Mi piace farlo soprattutto in montagna, nel verde, lungo sentieri sterrati. Sono uno scacchista amatoriale e mi piace molto leggere. La vera ingegnera di casa è mia moglie, io sono più creativo che pratico. Viviamo in campagna per scelta, ci serve per staccare dalla tecnologia. Con i nostri vicini abbiamo galline, orto e facciamo la vendemmia tutti assieme. Ma non ho resistito, lo ammetto: ho riempito la casa di domotica».