«Con Aep mi sono rimessa in gioco»
L’intervista a Chiara Giovannini, responsabile per l’ingegneria d’offerta
Mastica la matematica da sempre Chiara Giovannini. Classe ’73, laureata in Matematica, mamma di due figlie di 16 e 13 anni, per quasi dieci anni responsabile dell’ufficio tecnico Gilbarco, dal 2017 responsabile invece nel reparto commerciale in Aep, relativamente all’ingegneria d’offerta.
Quale aspetto le piace di più del suo lavoro in Aep?
«Seguo progetti in tutto il mondo. Mi appassiona essere sempre a contatto con clienti di diverse nazionalità. Ultimamente ho avuto occasione di lavorare anche per progetti in Africa, scoprendo approcci e culture diverse. Anche se molti sono i progetti che riguardano la Francia».
Di cosa si occupa esattamente?
«Seguo soprattutto la prevendita, la fase di avvio dei progetti. Preparo le offerte utili per i contratti».
È cambiato il suo lavoro alla luce della pandemia?
«Sì, molto. In questi mesi complicati gli incontri di persona con i clienti sono stati sostituiti da video call che, anche se per alcuni aspetti meno efficaci, hanno aiutato a snellire i tempi delle agende e ad alleggerire il carico di lavoro».
Come si partecipa a una trattativa?
«Durante le trattative legate alle gare pubbliche tutti i candidati devono avere le stesse possibilità. In Francia, oltre alla fase di preparazione e invio della documentazione necessaria, c’è la negoziazione: vengono chiesti un colloquio e una presentazione dell’offerta. Quest’ultima fase ha un tempo prefissato: non si va mai oltre il tempo assegnato, neanche di un minuto. Dunque, in questo caso, bisogna essere bravi a organizzare la presentazione del progetto, valorizzandone i punti di forza o di maggiore interesse, ipotizzando le risposte alle potenziali domande. Tutto questo al fine di portare a casa il risultato sperato».
Qual è la trattativa che più le è rimasta impressa in questi anni?
«Quella con la Regione Centre in Francia: da un momento iniziale abbastanza teso e con la sensazione che non fossimo i favoriti, il clima si è ribaltato, diventando presto di fiducia e stima reciproca. Il nostro team uscì da quell’incontro con un progetto in tasca, affidato ad Aep, da circa 6 milioni di euro».
Quali sono i principali dubbi che dimostrano di avere i clienti sui vostri progetti?
«Riguardano di solito dettagli sull’aderenza alla richiesta tecnica avanzata, su come Aep sia organizzata nel gestire i progetti, specialmente fuori dall’Italia, domande su come pensiamo di affrontare situazioni estreme sulla base di esempi già sviluppati».
Dunque, lei è una persona che si mette continuamente in gioco?
«Sì, ma questo succede molto di più da quando sono entrata a far parte della squadra di Aep. Di base sono una persona molto posata, che tende a non esporsi prima di aver valutato i pro e i contro. Lavorare in questa azienda molto dinamica significa prima di tutto superare i propri limiti, mettersi in gioco per fare squadra anche con chi si conosce da poco. Insomma, mi sono sempre portata dietro, nel mio bagaglio personale, la “sindrome di Calimero”, sindrome di cui Aep mi ha liberata (spero!). Oggi il mio unico compagno di viaggio è la determinazione».